Il testo si basa sulla ricerca di McGinnis A, Tesarek Kincaid A, Barrett MJ, Ham C. Strengthening Animal-Human Relationships as a Doorway to Indigenous Holistic Wellness. Ecopsychology. 2019 Sep 1, tradotta e riadattata al format narrativo di Mycelica. Dove non diversamente specificato, le parti virgolettate sono citazioni dalla ricerca.
“Gli dei cavalli vennero al mondo quando videro che gli umani soffrivano molto perché non sapevano come vivere gli uni con gli altri sotto il cielo azzurro, tra i campi verdi e le montagne nere. Ma una volta che gli dei cavalli furono arrivati sulla Terra, si accorsero che gli umani erano in condizioni ben peggiori di quanto avessero pensato, e che la loro missione sulla Terra non sarebbe stata una mera osservazione, ma sarebbe consistita nel vivere con gli umani. I cavalli promisero di stare con gli esseri umani finché tutti fossero riusciti a diventare leali, resistenti, profondi e pacifici come i cavalli stessi”.
Clarissa Pinkola Estés, I desideri dell’anima, Frassinelli 2014
Le parole-chiave di questa storia, e della ricerca cui si ispira, sono: “animali”, “salute degli indigeni” e “narrazione”. E un po’ alla volta capiremo che cosa le lega.
Siamo in Canada, in una provincia che prende il nome da uno dei fiumi più importanti della regione: Saskatchewan, “il fiume che scorre veloce”, che nasce sulle Montagne Rocciose. Con la colonizzazione dell’area da parte di francesi e inglesi, vennero tirate quattro linee rette attraverso foreste di betulle, grandi praterie, montagne e dune sabbiose, dando forma ad un quadrilatero di oltre 650000 chilometri quadrati. Naturalmente l’arrivo degli europei non si limitò a disegnare topografie prima insesistenti: le comunità native che vivevano lì da generazioni furono in parte sterminate, in parte private della terra e della libertà, costrette in riserve e sradicate dalle loro tradizioni.
Il peso che tutto questo ha avuto e continua ad avere sulla salute fisica e mentale degli indigeni, per un non-indigeno è comprensibile fino ad un certo punto. Per noi, nipoti della rivoluzione industriale e tecnologica, il processo di allontanamento fisico, emotivo e spirituale dalla natura è iniziato talmente tanto tempo fa, che non colleghiamo più il nostro malessere e il disorientamento collettivo a questa cronica, radicale separazione. Invece,
“Per la maggior parte dei popoli indigeni, la terra è tutto. Offre loro cibo e riparo, forgia e alimenta le loro lingue, le loro visioni del mondo e la loro stessa identità. È il luogo dove sono sepolti gli antenati e l’eredità da lasciare ai figli. In parole povere, la terra sono loro stessi (…). L’identità di un popolo indigeno è frutto di generazioni di relazioni simbiotiche con l’ambiente circostante. Quando sono sfrattati a forza dalle loro terre, il cambiamento repentino è spesso troppo radicale perché sia accettato razionalmente e sopportato spiritualmente. (Fonte: Survival.it)
Chi oggi si occupa della salute delle comunità indigene lo sa bene. La sofferenza per la separazione dal proprio contesto naturale, la costrizione in stili di vita diametralmente opposti a quelli abituali e tradizionali, la perdità del senso di identità di cui il legame fisico e spirituale con il mondo naturale era parte fondante, hanno portato a tassi altissimi di alcolismo, depressione, suicidi. Anche tra i più giovani.
E qui inizia la nostra storia.
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2 risposte
Veramente interessante questa ricerca canadese! Oltre che per i risultati del lavoro delle tre ricercatrici (Ginnis ecc.), anche per il modo in cui hanno condotto l’indagine: integrandosi nell’ambiente, nella cultura e tradizione indigena e grazie a un atteggiamento decolonizzato, sono riuscite a coinvolgere quella comunità in modo davvero fruttuoso e… sorprendente (almeno per me)! Quello che mi ha molto colpito è la concezione della relazione umani-animali che esce dalle storie dei nativi. Da noi si è perlopiù abituati a considerare gli animali in modo strumentale, come risorsa economica o, soprattutto in città, ‘affettiva’, di compagnia, (pet therapy a parte). Scoprire che in altri tempi e in altri contesti è stato/è possibile un rapporto ‘paritario’ con gli animali, che questi possono anche essere “…guide, aiutanti, maestri, protettori e guaritori”, e fonte di messaggi ‘curativi’, è veramente una scossa potente alla mentalità tradizionale… .
Grazie Mycelica, per aver tradotto e reso disponibile questa ricerca!
Sono rimasti solo i popoli indigeni a mostrarci un altro modo possibile. O meglio a ricordarcelo: non ci colpirebbe in questo modo leggere certe ricerche se non conservassimo la memoria filogenetica di una relazione unitaria con la natura. Se non conoscessimo già in fondo questa possibilità e la nostalgia di quando eravamo parte di un Tutto insieme a piante e animali, che come membri della stessa famiglia avevano qualcosa da insegnarci e la cui presenza nella nostra vita ci era necessaria per stare bene. Un invito alla lettura: “Ecologie native” di Emanuela Borgnino, Ed. Eleutehera. Grazie del commento!