"Tutti i dolori sono sopportabili se li si fa entrare in una storia, o se si può raccontare una storia su di essi". Karen Blixen
"Una narrazione incarnata", potremmo dire della psicoterapia. Che come molte fiabe spesso inizia con un "C'era una volta...": c'era una volta il/la protagonista, c'era la sua famiglia, c'era il luogo dove la quotidianità si svolgeva. Poi qualcosa è accaduto, o non potrebbe esserci storia nè vita, dando inizio alla prova, al viaggio iniziatico, all'entrata nel bosco che ha segnato la fine dell'infanzia dell'Anima, della sua innocenza inconsapevole.
E c'erano una volta i nemici e c'erano gli alleati del/la protagonista: quelli che ne hanno allo stesso tempo ostacolato e promosso la trasformazione alchemica in eroe/eroina; e quelli che come forze benefiche sono giunti in soccorso quando ogni speranza sembrava perduta.
Questo è un modo simbolico-immaginale - non l'unico - di entrare nel racconto di sè: una mappa possibile per affrontare il caos a cui la sofferenza ci risveglia. La dimensione narrativa è talmente pervasiva della nostra esistenza, del funzionamento stesso della mente (che continuamente parla, commenta, racconta storie stabilendo nessi causali tra ciò che accade fuori e ciò che proviamo dentro, tra ciò che è successo prima e ciò che è venuto dopo), che la psicoterapia può essere intesa anche come cura della nostra storia.
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