Guardare il mondo da una prospettiva diversa: questa è la sfida raccolta da poeti e artisti. Come Anna Maria Ortese e David Suzuki.
“Ora, io vorrei chiedere a chiunque mi ascolti – aspettando risposta, naturalmente, solo nel cuore: credete davvero che la vita umana sia sempre e solo trionfo sull’altro? che per essere contenti della propria vita bisogna aver posato il piede sul capo dell’altro? Credete che i deboli – paesi o individui – debbano essere eliminati anche se in modo indolore? Credete che zingari, poveri, pastori di greggi; che poeti, scrittori, preti e maestri non di parte o isolati, che attraversano questa vita lieti come fanciulli e vigili come madri, non servano proprio a nulla, e la vita, lo Stato possano fare a meno di essi? Credete che tutte le diversità interiori – assolutamente prima delle accidentali diversità fisiche o di comportamento – non siano, insieme alle macchine e a una ordinata produzione, gran parte della ricchezza reale di un paese? E che un paese non sia tale, non sia un paese, se non a causa della sua lingua, dei suoi pensieri, altrimenti lo vedremmo decadere a massa informe?
Molte, a queste domande, potranno essere le risposte, ma oso pensare che, sostanzialmente, si sia d’accordo. Un paese, come non deve mancare di corsi d’acqua, di sorgenti, di nuvole, deve avere cura, o consentire la crescita, di anime, coscienze, grazia, linguaggi puri, ombre azzurre, altissime: o perirà. Si asciugherà il suolo, se mancano acque e foreste; si perderà la nazione se mancano anime e coscienze. Se non sarà legittima qualsiasi forma di profondità e di coscienza, il paese più forte perirà. Si asciugherà il suolo, se mancano acque e foreste; si perderà la nazione se mancano anime e coscienze. Se non sarà legittima qualsiasi forma di profondità e di coscienza, il paese più forte perirà.
È stata questa la mia massima esperienza”.
Anna Maria Ortese, Corpo celeste, Adelphi 1997

“Il modo in cui vediamo il mondo dà forma al modo in cui lo trattiamo.
Se una montagna è una divinità, non un mucchio di minerali;
se un fiume è una delle vene del terreno, non acqua potenziale per irrigare;
se una foresta è un bosco sacro, non legname;
se le altre specie sono le nostre parenti biologici, non risorse;
o se il pianeta è nostra madre, non un’opportunità,
allora ci tratteremo l’un l’altro con maggiore rispetto.
Questa è la sfida, guardare il mondo da una prospettiva diversa”.
David Suzuki. Ambientalista, attivista e divulgatore
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