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La saggezza della Terra

Raimon Panikkar, Ecosofia. La saggezza della Terra, Jaca Book 2023


“Siamo tutti uniti; cose, animali, uomini e Dei formano la famiglia della realtà, non una assemblea democratica, ma una comunità reale”. Raimon Panikkar

Sacerdote, filosofo, teologo, scienziato, figlio di padre indiano hindù e di madre catalana cattolica, Raimon Panikkar ha incarnato il dialogo costante tra azione e contemplazione, scienza e spiritualità, oriente e occidente, impegno sociale e preghiera. È stato, e continua ad essere, una delle anime ispiratrici di quel vasto e articolato micelio di attivismo ambientale e riflessione filosofica che è l’ecosofia, a cui ha dato la sua personale impronta. Questa è sintetizzata in un libricino rieditato in Italia nel 2023: “Ecosofia, la saggezza della Terra”,1 che ricapitola i 9 passi concettuali per realizzare la trasformazione che, sola, potrà salvarci dall’attuale stato delle cose.

Proviamo a descriverli. L’opera di Panikkar oltre ad essere vastissima è poliedrica e come accade quando si leggono le parole di un Maestro, comunica a più livelli: mente e coscienza. L’invito quindi è a immergersi direttamente nella sua scrittura, di cui nessuna recensione può rendere la ricchezza.

Quali sono i passaggi concettuali per ritrovare un rapporto equilibrato tra uomo e natura?

Uno. Per migliaia di anni, tutte le civiltà hanno poggiato su 3 “ordini” che facevano da impalcatura e collante delle comunità umane: il Divino, l’Uomo e la Terra.

L’essere umano sapeva di doversi relazionare con un mondo divino che richiedeva obbedienza e devozione; con il mondo dei propri simili – per cui serviva istruirsi, saper comunicare, ragionare; e con il mondo naturale, per conoscere il quale ha sviluppato le scienze.

Ma un quarto mondo si è imposto più di recente, tecnologico e artificiale e, come una creatura che prende il controllo dal creatore, ora detta legge.

Due. “Solo una trasformazione potrà salvarci”. Ma che sia una radicale metamorfosi del nostro modo di sperimentare noi stessi e la Natura, perché non sarà ricorrendo a nuove strategie ecologiche, economiche o politiche che ci riusciremo, ma ad una trasformazione più ampia che le includa; una trasformazione metafisica, o meglio

Tre.cosmoteandrica”: cosmo, divino e uomo, questa è la triade che compone la realtà. Nessuna, presa separatamente dalle altre (materialismo, monoteismo, umanesimo), può rispondere alla crisi che viviamo: serve una visione che unifichi tutte le forme di energia, tutti i piani di realtà. Serve una visione mistica, la sola che ci permette di vedere che

Quattro. “La Natura reale non è un oggetto”. Ma è così che il pensiero analitico ci ha abituati a considerarla. Il pensiero astratto corrode ciò che incontra: pensando a qualcosa, elaborandola sempre più a fondo con il pensiero, quella scompare. Come possiamo risolvere il problema del nostro rapporto con la Natura finché per conoscerla ci affidiamo al modello di pensiero soggetto/oggetto?

Cinque. Le categorie della scienza naturale non fanno che confermare l’immagine meccanicistica del mondo, quella che le ha ispirate ma che si giustifica solo all’interno di una data cultura. Ma se la Natura è più di un grande macchinario, quelle categorie e quella scienza non sono adatte a farcela conoscere.

Sei. Come fare allora? “L’autentica conoscenza esige la trasformazione del conoscente nel conosciuto”, e questo è impossibile senza amore. “La conoscenza è il modo tipicamente umano di essere naturali, cioè di realizzarci. La natura umana è culturale”, implica cioè la coltivazione, il prendersi cura. “Lo scopo è essere Natura; non dominare la Natura, bensì trasformarci in essa”.

Sette. Lungi dal sostenere un approccio romantico alla questione, per Panikkar l’arte di prendersi cura della Natura presuppone di riconoscere e fare propria la saggezza che la Terra possiede, ritrovando il nostro ruolo in essa. Quale? Non certo quello di trattarla meglio per poter continuare a sfruttarla, ma – se è vero che l’umano costituisce la parte sapiente della Natura – di “riconoscere tutto ciò che in essa si svolge e di instaurare una simbiosi che rende possibile la vita di noi tutti”. Questa è l’Ecosofia per Panikkar.

Otto. Come realizzare questa simbiosi? Riconoscendo che come il nostro primo corpo è quello che abbiamo sotto gli occhi, e il nostro secondo corpo è l’umanità, così il nostro terzo corpo è la Natura, la Terra. “Noi siamo la Terra” e dunque non dobbiamo dominarla né farcene dominare, ma trattarla “con amicizia, fiducia reciproca, equilibrio”.

Nove. C’è un compito imprescindibile che ancora manca per essere liberi, ed è quello di emanciparci dalla tecnocrazia. E non possiamo emanciparci dalla macchina tramite la macchina, l’emancipazione dell’umanità può avvenire solo tramite l’umanità. Con l’arte, con la tecnica, perché queste restituiscono potere creativo al “fare” dell’uomo, ormai abituato a offrire servizio a una mega-macchina, a non distinguere più tra opera e lavoro. E abbiamo bisogno di volgerci verso attività che ci diano gioia, soddisfazione, e che ci permettano di sentirci realizzati.

Panikkar guarda oltre l’ecologia profonda: “Non è la Terra ad avere bisogno di cure. Siamo noi i malati. Abbiamo bisogno di ecosofia2. Abbiamo bisogno di cambiare radicalmente prospettiva nei confronti della Terra, dell’Uomo e del Divino: di alzarci dall’orizzonte della conoscenza razionale del mondo (logos), a quello alla sapienza (sophos). Perché sofia, eco-sofia, significa contemporaneamente la nostra sapienza relativa alla Terra e la sapienza che la terra stessa possiede, “che si dischiude a noi allorchè siamo disponibili alla sua comprensione (understanding), ossia al “rimanere sotto” (stand under) l’incanto di ciò che lei ci rivela”.

Non si tratta quindi della conoscenza tecnica che applica alla Terra le leggi della ragione:

“Ecosofia suggerisce che la fonte delle sensazioni, dell’agire e della conoscenza non si trova nell’uomo preso a sé, anche se è principalmente in noi e attraverso di noi che la Terra esprime i propri “sentimenti, azioni e pensieri (…). Suggerisce una sapienza di cui non siamo noi i proprietari”.3

Ecco perché Panikkar insiste sull’andare oltre l’approccio dell’ecologia tradizionale: questa resta nel solco della crescita continua tentando al massimo di ammorbidirla in uno “sviluppo sostenibile”.
È l’evoluzione dall’ecologia di superficie all’ecologia profonda.

“Gli esseri viventi crescono, non si sviluppano”, e mentre la crescita contempla ritmi, ciclicità e processi di autoregolazione, lo sviluppo no. L’archetipo dello sviluppo, che è sviluppo tecnologico, come ideale della vita umana alienerà sempre più parti di mondo, perché appartiene solo alla cultura occidentale, al mondo ricco. L’essenza del colonialismo è questa, “non tanto lo sfruttamento di altri popoli ma il mono-culturalismo, ossia la credenza che una cultura possa offrire il modello e la soluzione teoretica ai problemi dell’umanità”. E secondo questa cultura dello sviluppo che si impone sulle altre, per essere felice l’uomo deve appagare bisogni materiali in continua crescita.

Questo andamento non è compatibile con le leggi della vita, con l’equilibrio del sistema-Terra che ci costituisce: lo sviluppo è incontrollato, predatorio, non regolato dalla politica, rompe i ritmi, provoca disparità crescenti, distrugge la Terra. E distruggendo la Terra distruggiamo noi stessi.

Ecosofia indica la saggezza di chi sa ascoltare la Terra e agire di conseguenza. Di chi tratta la Terra come un essere vivente in ogni sua parte e nell’insieme perché riconosce che tutto è vivo. Che era la posizione originaria della scienza, intesa etimologicamente come capacità di identificarsi con la cosa conosciuta e assimilarla; in altre parole, di “conoscere, amare e fare le azioni giuste”. Questa è la sapienza che conserva un potere salvifico, non la scienza moderna ridotta a calcolo, che ritiene la materia inerte, la natura morta; e che ha dimenticato che l’atto conoscitivo modifica ciò che viene conosciuto – e viceversa – finché Heisenberg non ce lo ha ricordato. Per le tradizioni sapienziali e le culture tradizionali del passato tutto era vivo, animato; perché “il saggio non possedeva solo la conoscenza, possedeva anche il potere, proprio perché “conosceva” e conoscere significava essere in comunione con la realtà”.4

Come può il metodo scientifico, con il suo sguardo meccanicistico, rispondere a domande quali “Che cos’è la vita?”, domande che chiedono l’esperienza diretta con la realtà e con il nucleo profondo dell’umano? Come può la scienza cogliere la vera natura della Realtà che è il ritmo – un ritmo che non va da nessuna parte, non ha scopo o direzione perché è una grande danza cosmica sempre nuova e sempre identica – quando concepisce solo un tempo lineare e corpi che muovono in una certa direzione, seguendo la freccia del progresso verso il futuro, verso una meta?

Allora ecosofia non può essere l’ennesimo paradigma ma “una esperienza (immediata) della realtà (ultima) del mondo come nostro habitat, e luogo in cui risiede la Vita (divina) stessa”.5È la ricerca di un nuovo equilibrio non tanto tra l’uomo e la terra ma tra la materia e lo spirito, tra la spazio-temporalità e la coscienza. Solo con una trasformazione della coscienza potremo cambiare paradigma e solo rivolgendoci alla saggezza delle Terra, solo cercando la nostra guarigione nella memoria della Terra, questa trasformazione potrà avvenire.

Mycelica®


1 Raimon Panikkar, Ecosofia. La saggezza della Terra, Jaca Book 2023

2 Ibidem, p.32

3 Ibidem, p.35

4 Ibidem, p.44

5 Ibidem, p.55

ALTRE FONTI:

Romans A., Ecosofía: lecciones filosóficas para reconciliarnos con el planeta, Ethic

Raffaele L., Panikkar e l’ecosofia, Macondo

Vacchelli G., L’attualità di Raimon Panikkar oggi: dal capitalocene all’ecosofia

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